“Meriggiare pallido e assorto” – Eugenio Montale

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meriggiare pallido e assorto

Questa è una delle mie poesie preferite in assoluto. Quel “Meriggiare pallido ed assorto presso un rovente muro d’orto”, mi ricorda la casa di mia nonna nel periodo estivo, quando ero molto piccolo. Mia nonna aveva un enorme albero di limoni che dava sollievo all’arsura estiva. Chiaramente la poesia di Montale va oltre i ricordi di un bambino, ma le poesie servono anche a questo, a mantenere vivi i ricordi.

Montale racconta di file di formiche rosse che proseguono frenetiche, un po’ come noi esseri umani nel mondo, ci dice di un muro che toglie la vista sull’orizzonte e che termina con cocci aguzzi di bottiglia, come se la vita ci rinchiudesse in una gabbia fatta di circostanze e contingenze. Sia quello che sia, a me questa poesia piace anche per i suoi suoni e per le immagini che suscita nella mia mente e nei miei ricordi.

Di seguito il testo e poi un video in cui lo stesso Montale legge la sua poesia.


Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe dei suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

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